Diffusori TDL Studio 0.5

Il mio impianto attuale è incentrato sui diffusori, del resto sono i componenti che più influenzano il suono di un sistema ed è bene cominciare ad assemblarlo a partire da essi. Io avevo deciso per gli Studio 0.5 (a destra), diffusori a linea di trasmissione realizzati della ditta inglese TDL (Transducer Developments Limited) e ho dovuto quindi scegliere l’amplificatore in grado di pilotarli.

TDL Studio 0.5

La linea di trasmissione consiste in un complicato labirinto interno alla cassa che permette all’onda che il woofer emette posteriormente di essere sincronizzata con quella anteriore per rinforzare la gamma bassa. Una cassa completamente chiusa (sospensione pneumatica) non utilizza l’emissione posteriore dell’altoparlante, che lavora fino alle frequenze basse a cui può vibrare e poi il loro livello scende gradualmente fino a sparire (roll-off). Questo avviene ben prima dei 20 Hz (limite inferiore delle frequenze udibili dall’orecchio umano ma inesistente in quasi tutte le registrazioni), a seconda delle sue dimensioni e soprattutto di quelle del mobile. Normalmente si utilizza un tubo di accordo di opportune dimensioni per aumentare la risposta in basso di un diffusore (bass reflex) ma il roll-off, il decadimento con l’abbassarsi della frequenza riprodotta, è più rapido. Con la linea di trasmissione si utilizza l’emissione posteriore del woofer incanalandola in un labirinto (rivestito con materiale assorbente) lungo 1/4 della lunghezza d’onda di risonanza dell’altoparlante. Il labirinto sfoga in una fessura esterna in fase con l’onda anteriore incrementando così il range di frequenze attorno a quella di risonanza, ma mantenendo il dolce roll-off di una sospensione pneumatica. Di solito la realizzazione è piuttosto complicata, costosa ed ingombrante, ma il risultato sono dei bassi incomparabili ad altre impostazioni, sia come quantità che come qualità.

Il mio impianto di gioventù era stato aggiornato con un amplificatore Onkyo e un lettore CD JVC ultimo grido della tecnologia digitale budget, con una unità di conversione cosiddetta a 1 bit o bitstream, ideata da Philips, la creatrice dei lettori CD. Le casse le avevo autocostruite con molta imperizia e altrettanta passione. Non erano quindi certamente all’altezza. Con i soldi ricevuti in regalo per la laurea sognavo di comprarne di nuove. Finii per scegliere TDL perché la mia idea di riproduzione musicale ideale è quella a “larga banda”, in cui i diffusori siano capaci di restituire tutte le frequenze udibili allo stesso livello. Può sembrare strano ma la gamma bassa è normalmente attutita per via delle dimensioni ridotte della maggior parte dei diffusori (ma anche per la difficoltà di realizzare progetti con bassi profondi che non inficino la gamma medio-alta). Poi scoprii la tecnologia della linea di trasmisisone, ottimale per mantenere le dimensioni ridotte scendendo bene in basso nella gamma di frequenze. Poche case costruttrici si cimentavano in questi progetti. TDL era una di queste.

 

hifi-tdl logoLa TDL era nata negli anni 70 dall’unione della IMF Electronics, che aveva già al suo attivo dei famosi progetti a linea di trasmissione molto apprezzati ma quasi di nicchia, e la Electro Acoustic Insdustries (ELAC), al tempo leader nella costruzione di altoparlanti in Gran Bretagna. La TDL era basata a High Wycomb, nello Buckinghamshire, ed era nota per la sua ottima performance in gamma bassa. La forza della TDL stava nel progettista John Wright, che poi ne divenne il proprietario a seguito della fuoriuscita della ELAC. Verso la fine degli anni 90, Wright dovette abbandonare per motivi di salute lasciando il posto a Julian Richer. Oggi la TDL non esiste più e questo renderebbe un problema trovare parti di ricambio ELAC per questi diffusori.

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Negli anni 90 leggevo avidamente riviste del settore e la prova delle TDL Studio 1 (sopra) me ne fece innamorare. Si trattava delle più piccole casse a linea di trasmissione in commercio e, a detta del recensore, suonavano a livelli tali da far impallidire diffusori ben più costosi, tanto da gridare al miracolo. Già allora ritenevo che un buon impianto HiFi dovesse essere capace di riprodurre correttamente l’intera gamma delle frequenze udibili, dai 20 ai 20.000 Hz. Sia ben chiaro: sotto i 30 Hz (e di poco) ci scendono ben pochi strumenti musicali, quali il pianoforte, il contrabbasso e l’organo a canne (non i timpani o la grancassa della batteria). Nonostante questo, non capivo molto la moda dei diffusori piccoli, che a malapena erano capaci di riprodurre i 60 Hz ad un livello di decibel decente. Eppure in quel periodo la ricerca del dettaglio, della minuziosità, della definizione del messaggio musicale portava a credere che una gamma bassa troppo estesa andasse a sporcare quella medio alta. Ma perché, se il progetto lo si fa come si deve? Probabilmente l’unico modo di ottenere questi risultati era la linea di trasmisisone, complicata da progettare, assemblare e soprattuto da contenere in dimensioni (e prezzi) accettabili. Pare che TDL ci fosse riuscita: infatti, la prima cosa che mi colpì nella recensione delle Studio 1 fu la loro estensione in frequenza: scendevano fino al limite dell’udibile, ai fatidici 20 Hz! Fermo restando che i 20 Hz praticamente non esistono nelle registrazioni musicali e tantomeno nella musica dal vivo, l’ampio spettro di frequenze riproducibile assicura una completa restituzione del messaggio acustico, di certo una notevole corposità dei bassi, ma solo se si dispone di una stanza dalle dimensioni opportune. I due gioielli della tecnica britannica avevano allora un prezzo di listino di 2.200.000 lire, molto basso per le prestazioni incredibili che raggiungevano, ma impossibili per le mie disponibilità economiche, oltre che sicuramente sovradimensionati al mio impianto. Comunque la cosa mi fece riflettere sulla effettiva necessità di sostituire i diffusori.

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Mentre riflettevo sulle mie possibilità, nel maggio del 1991 uscì la recensione delle sorelle minori delle Studio 1: le TDL Studio 0.5, mini torri a linea di trasmissione ancora più piccole, con bassi così profondi e naturali che non si erano mai sentiti da diffusori di quelle dimensioni: solo 62 cm di altezza senza supporti, ma comunque da pavimento, con woofer in kapton da soli 135 mm. Anch’esse erano reputate capaci di far impallidire ben altra concorrenza, sebbene scendessero “solo” fino a 30 Hz. Se non altro, questo è il limite inferiore più “intelligente” visto che almeno lì, qualche strumento musicale raramente ci arriva davvero. Ma il punto non è riprodurre correttamente i 30 Hz, fatto privo di senso; il punto è l’eccezionale qualità del progetto che consente ad un diffusore così piccolo di riprodurre una gamma bassa di tale qualità! Per essere chiari: se i 30 Hz sono “inutili” se non addirittura pericolosi per il woofer se riprodotti oltre un certo livello di decibel (i diffusori per riproduzione all’aperto sono obbligatoriamente tagliati sotto i 30 Hz), i 40 o i 60 Hz di un progetto come quello TDL facevano (fanno?) impallidire i 40-60 Hz di diffusori con diversa impostazione (teniamo presente che il regime dei “bassi” comincia già dai 2-300 Hz). Il suono delle Studio 0.5 era ritenuto “pieno, potente, complesso e tonalmente credibilissimo. Un piccolo diffusore straordinario, che sovrasta drammaticamente qualunque concorrente quando si tratta di riprodurre brani in cui la gamma bassa è di qualche importanza, con una prestazione in gamma bassa che gli altri possono tranquillamente scordarsi”. Il prezzo di listino era di 1.600.000 lire. Forse potevo farcela, ma dovevo trovare i fondi! Pensavo ad una tastiera che avevo da poco acquistato per fare degli esperimenti di sequencing al computer, creandomi così le basi musicali per suonare la chitarra, il mio strumento principale. Essendo io chitarrista e non certo tastierista, forse sarebbe stato più intelligente vendere la tastiera, che usavo al 5% delle sue possibilità, e aggiornare le casse. Riflettendo sull’opportunità dell’acquisto non ci dormii la notte…

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Ma la mattina seguente avevo preso la decisione! Vendetti velocemente la tastiera per la stessa cifra a cui l’avevo acquistata usata (andava a ruba per fortuna) e mi misi alla ricerca di un negozio che mi facesse ascoltare le tanto osannate TDL. Subito mi chiarirono il concetto che il mio piccolo ma onesto Onkyo A-8200 non ce l’avrebbe fatta a pilotare delle casse a linea di trasmissione: la loro sensibilità di soli 86 dB e la loro impedenza di 6 Ohm ne facevano un carico molto impegnativo per l’amplificatore, costretto ad erogare molta corrente per farle suonare. Ci voleva un amplificatore con i muscoli. Non particolarmente potente, ma in grado di fornire molta corrente di picco, quando richiesta dai passaggi musicali più impegnativi. Molti erano i candidati britannici per queste eccellenti casse inglesi, ma alla fine vinse un italiano: Unison Research Mood. Grazie ad esso dal dicembre 1991 ad aprile 2019 con il Mood, e poi con il Naim Nait, ho goduto delle sonorità tipiche della linea di trasmissione, capaci di bassi così profondi da far credere alla presenza di un subwoofer. Tengo anche conto del fatto che dove abitavo allora certamente non potevo sentire i fantomatici 30 Hz di cui gli Studio 0.5 sarebbero capaci: la frequenza minima udibile in una stanza dipende dalle sue dimensioni. Secondo la formula di Landi, i 30 Hz si possono percepire in una stanza che abbia il lato maggiore uguale alla velocità del suono (a 20°C) diviso due volte 30 Hz, cioè 343 m/s / 2×30 Hz = 5,7 m. Non troppo facile da trovare in un normale appartamento! E comunque fra i 20 e i 60 Hz si tratta più di percepire che di udire. Oggi nella stanza dove le ascolto forse mi ci avvicino di più, ma vi posso assicurare che la qualità dei bassi nel mio impianto non teme confronti (lasciate perdere esagerazioni tipiche da Home Theatre, con bassi super “pompati” da far tremare le pareti, ma finti; l’Alta Fedeltà è realismo, riproduzione credibile e godibile dell’esperienza musicale dal vivo). Stiamo parlando di qualità, della possibilità di sentire davvero le corde di un contrabasso vibrare nella nostra pancia, di percepire la grancassa di una batteria come se fosse lì davanti tra le due TDL, senza però perdere il dettaglio delle dita che scivolano sulle corde così come il rumore delle labbra di una cantante mentre modula le parole, il soffio dell’aria che esce da un sassofono o il rumore degli stantuffi di una tromba.

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Le corde di un contrabbasso scendono fino a 40 Hz e si sentono nella pancia; a 28 Hz ci arrivano solo l’organo e le grandi percussioni. La recensione recitava: “…difficile riprodurre queste frequenze con sistemi diversi, soprattutto evitando che i bassi sporchino la gamma media e senza perdere di vista la qualità degli alti. Eppure le Studio 0.5 tendono ad essere anche brillanti, setose, prive di asprezze in gamma alta nonostante la cupola metallica”. Infatti il tweeter delle Studio 0.5 (foto in basso) “è un componente superbo, con cupola da 25 mm in lega di magnesio, raffreddato al ferrofluido. E’ un po’ basso rispetto alle orecchie di un ascoltatore seduto, perciò è bene avere gli appositi supporti che consentono di regolare l’altezza delle punte inclinando la cassa verso l’alto. Ciò permette di ottimizzare l’immagine stereo e l’ampiezza della scena acustica. Ci vuole un po’ per posizionarle ottimamente, sperimentazione, prove, pazienza; ma una volta ottenuta la posizione giusta si può godere di una scena sonora verticale ampia quanto quella di ben più imponenti torri, che si estende a sufficienza sia in profondità che lateralmente oltre i diffusori. Le frequenze medie sono rese senza problemi (il taglio del crossover è a 3 kHz) con pulizia, definizione, analiticità e fluidità, con una bellissima prestazione sulle voci e sugli strumenti ad arco. Ed i bassi, rotondi, pastosi, densi, solidi senza mai apparire duri …che dire, da ascoltare, difficile da descrivere, ben al di sopra della loro classe di prezzo…”

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Tweeter Elac 25DT 49

“Queste TDL fanno in modo eccelso il loro lavoro di riproduzione della gamma bassa, estesa, solida e controllata da far impallidire i concorrenti, ma non tralasciano nulla nel resto dello spettro udibile. Come ci si aspetta da diffusori di classe, posseggono la fondamentale dote della neutralità, non aggiungono molto di loro al messaggio musicale. I due estremi della banda udibile non sono enfatizzati ma semplicemente naturali ed in particolare quello inferiore è lì, presente, c’è davvero, ma non in modo esagerato o forzato.” Sono più di 20 anni che le TDL Studio 0.5 mi accompagnano nei miei cambi di casa, nelle varie stanze di ascolto e sebbene io non abbia più il tempo di una volta per le sessioni dedicate, non mancano mai di stupirmi anche se le lascio a fare il loro lavoro senza soffermarmi ad apprezzarne la ricostruzione spaziale.

 

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Woofer Elac 6DC 363

Possibilità future

Difficilmente potrò separarmi dalle mie piccole “transmission line”. Oggi esistono diffusori più moderni che con tecnologie diverse dalla linea di trasmissione ottengono bassi completamente degni, come le italiane Indiana Line Musa o Tesi, dall’elevatissimo rapporto qualità/prezzo, o le ben più costose (ma forse più all’altezza) inglesi ProAc Studio 150 o americane Thiel CS 1.2, o CS 1.5 sebbene degli anni 90. Le italiane Aliante CNM Tower, le raffinate Opera Seconda e le Sonus Faber Toy Tower potrebbero essere allettanti. O chissà, potrebbero piacermi delle torri Klipsch… Altrimenti, per rimanere alla linea di trasmissione, si può ricorrere all’autocostruttore inglese Ivan Leslie, appassionato di questa tecnologia, che propone i suoi diffusori IPL in kit fai da te, incredibilmente economici sebbene ispirati alle TDL.

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Potrebbe essere la soluzione in caso di problemi d’età, dato che si narra che una volta ascoltata la linea di trasmissione non si riesca più ad accontentarsi di altro… Insomma, si ha l’impressione di stare ad ascoltare delle casse gigantesche.

Ogni tanto sono preso dalla smania di cambiamento, per lo più dettata dal timore che, avendole acquistate nel lontano 1991, l’età possa creare alle Studio 0.5 dei problemi. A volte sono stato ad un passo dal cambiarle, per rinnovare, sì, ma anche per diminuire gli ingombri del mio impianto (non più utilizzato sovente come una volta), soprattutto nel tentativo di andare incontro alle esigenze di estetica d’arredamento della consorte. Ma non ci sono mai riuscito. Come potrei oggi accettare la limitata risposta in frequenza di bookshelf anche ottimi? Poi dovrei posizionarli in libreria, peggiorando ulteriormente la situazione. Credo quindi che finché le Studio 0.5 reggeranno l’impatto del tempo sarà difficile che me ne separi; se poi il passare del tempo reclamerà la messa a riposo delle ormai storiche Studio 0.5, immagino che i naturali sostituti nella mia stanza d’ascolto dovrebbero essere delle IPL di Ivan Leslie come le M1tlm Ribbon in alto.

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Ma non disdegnerei di cambiare impostazione per un progetto italiano molto raffinato basato addirittura sulla sospensione pneumatica: le Opera Seconda (qui in alto la versione del 2006 per cui abbastanza abbordabile nel mondo dell’usato) o le Grand Mezza sono capaci di ottima estensione alle basse frequenze. Sono torri di dimensioni contenute (circa 1 m di altezza) e di un livello di costruzione estremamente elevato.

Ultimamente sono stato affascinato ed interessato da sistemi di altoparlanti con un solo cono full-range caricato a tromba: il cabinet del diffusore ha un labirinto interno come la linea di trasmissione ma un po’ diverso come concezione. L’altoparlante full-range è interessante perché elimina l’uso del crossover; il labirinto interno detto tromba poi permette di riprodurre bassi di vero impatto. La pulizia e la coerenza ottenibili con un solo altoparlante per diffusore sono irraggiungibili con i classici progetti di caricamento bass-reflex o linea di trasmissione con woofer e tweeter separati da un crossover.

Nel caso decidessi per questo tipo di diffusori dovrei impegnarmi nella autocostruzione e seguirei un progetto fai-da-te segnalato da Chris Templer di TNT-Audio: consiste in una leggera modifica ai cabinet originariamente progettati per altoparlanti Coral Beta 10 ma che invece monta altoparlanti Tannoy Monitor Gold da 12 pollici. Gli altoparlanti Tannoy, nota Chris Templer, non hanno il suono “anemico e privo di corpo” di altri altoparlanti normalmente usati in questi progetti come Lowther e Fostex (di cui avevo anche letto un gran bene). I bassi sarebbero ben sufficienti, scendendo bene almeno fino a 32 Hz. Penso che mi piacerebbero…


Approfondimenti:

Le TDL in un articolo di Bebo Moroni su videohifi.com – Come eravamo 10 anni fa.
La recensione di hometheaterreview.com.
Le TDL Studio 0.5 su witchdoctor.co.nz

Il sito della TDL Loudspeakers.
Elenco altoparlanti Elac  usati da IMF/TDL
Sito della IPL Acoustics che vende economici diffusori a linea di trasmisisone in kit e la prova di uno di essi su tnt-audio.com