Land of opportunities

Ammetto che essendo cresciuto a fumetti Marvel, musica rock e telefilm USA il mito americano mi ha accompagnato per quasi tutta la vita. Studiare una materia scientifica come la geologia me lo ha anche rafforzato visto che molte delle scoperte fondamentali sono targate Stati Uniti mentre in Italia ben poco si è fatto e ancor meno si sta facendo per argomenti che riguardano il mio campo di laurea. Infatti ho avuto non poche difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro come geologo. Mi veniva quindi naturale vedere gli USA come la terra delle opportunità anche in geologia. Solo che oltre ad essere immaturo, non avevo neanche idea di come funzionasse il “sistema” nostrano. Se ne avessi avuto consapevolezza forse non avrei perso delle opportunità che comunque mi si sono presentate ma che ho riconosciuto solo col senno del poi, quando il treno era ormai passato….

La motivazione scatenante la scrittura di questo articolo è stata una bella notizia ricevuta via piattaforma social della prossima nomina di una geologa americana che ho conosciuto a direttore del dipartimento di geologia dell’università dove insegna e fa ricerca. Sono molto contento per lei ma non posso evitare di riflettere su due cose:

  • il pensiero va immediatamente ad una mia amica geologa italiana, professoressa associata in Italia, ben più avanti con l’età della amica americana (per noi abbastanza giovane), che non solo è diventata professoressa molto più tardi ma già sa che non potrà forse mai essere ordinaria né direttrice del dipartimento
  • l’altro pensiero riguarda me stesso, che ho conosciuto la geologa americana quando era studentessa di dottorato ed io ero in visita presso la sua università dove tutti, lei compresa, ammiravano le mie capacità come geologo sul terreno. Io oggi neanche faccio più il geologo….

Vogliamo parlare di opportunità?

In quell’occasione fui anche invitato a tornare come studente di dottorato. Purtroppo non l’ho mai fatto. Ma chi era già lì a farlo oggi ha delle posizioni da geologo molto più soddisfacenti, una è addirittura direttrice di un dipartimento! In confronto a queste persone io facevo un figurone sul terreno. Mi volevano con loro, considerandomi un’ottima aggiunta al loro dipartimento! In Italia non ho potuto fare altro che un paio di anni di assegno di ricerca e qualche contrattino da fame a seguire. Non solo. L’idea che mi veniva sottilmente comunicata era che se gli americani mi apprezzavano, forse non erano poi tanto bravi! Infatti ho passato anni nel mondo accademico nostrano sentendomi una mezza calzetta inutile. Appena messo piede fuori Italia mi sono sentito così capace ed importante che anche io ho avuto il dubbio che gli “stranieri” fossero scemi ad apprezzarmi… Ma non credo proprio che sia questo il motivo.

Precisazione: se io non ho fatto il dottorato in America come mi era stato proposto la colpa è solo mia. Unica scusante è il fatto che, atterrato in Italia il 4 settembre 2001, felicissimo che sarei tornato in USA l’anno dopo per il mio PhD, sono stato portato immediatamente al dubbio dalla catastrofe dell’11 settembre 2001. Sembrava stesse per scoppiare la 3a guerra mondiale. Gli USA sembravano il posto meno sicuro della Terra. Purtroppo, nonostante la mia esperienza e non essendo certo un neolaureato, le università USA pretendono che tu faccia comunque il GRE Test, una prova per cui è meglio prepararsi bene. Cosa che non ho fatto, se non troppo tardi, quando la paura delle conseguenze dell’attacco alle Torri Gemelle era scemata. Il mio GRE fatto di corsa non era abbastanza alto. Tutto rimandato all’anno dopo, quando poi anche quell’università ebbe carenze di fondi e mi consigliò di lasciar perdere. Chiaro che se fossi stato davvero motivato niente mi avrebbe fermato, neanche l’11 settembre. Ma quello che voglio sottolineare qui è che negli USA io una opportunità vera lo avuta, mentre qui non mi si faceva che dire chiaramente o subliminalmente che non ero all’altezza.

Mentre ero in visita nell’università USA, mi hanno portato con loro ad accompagnare gli studenti in una escursione didattica in Nova Scotia, nel Canada atlantico. Mi hanno trattato come uno studente ed essendo io invece già piuttosto navigato ho fatto un figurone. Una sera ho persino fatto un banale esercizio di costruzione di una piccola sezione geologica con i dati raccolti sul terreno quella mattina. Per me era cosa davvero semplice ma i professori erano scandalizzati da come gli studenti non si rendessero minimamente conto di come fare. Fu data loro occasione di ripetere l’esercizio sotto mia supervisione. Li ho aiutati spiegando come riportare su sezione dati sulla giacitura di strati e faglie dalla mappa. Tra quegli studenti c’era anche la ragazza che ora è direttrice del dipartimento di geologia della sua università. Io ora lavoro con l’informatica, che per fortuna mi portavo dietro come capacità e mi è servita per sopravvivere al disastro.

Non succede solo a me, che sono una persona normale, non un genio. Ho conosciuto un vero genio della fisica, laureato a pieni voti in 4 anni, dottorato rapidamente. Una di quelle menti che possono leggere velocemente un testo di fisica nucleare e sapere tutto sull’argomento appena dopo. In Italia gli hanno detto “mi spiace”, alzando le spalle. All’estero è immediatamente finito nella squadra del CERN che ha scoperto la particella di Dio, per poi essere accolto a braccia aperte all’università a Parigi, dove vive felice e ben pagato. Noi lo abbiamo scartato… cervello in fuga. E di corsa pure…

L’amica professoressa Italiana è una geologa dalla preparazione sbalorditiva. Lasciatemi dire che secondo me è ben superiore (anche perché più esperta vista la differenza d’età) alla sua collega mia amica americana, neo direttrice di dipartimento. Ho imparato tantissimo da lei. Ma ho anche potuto vedere come fosse frustrante il tentativo di fare una normale carriera accademica nel nostro paese, anche in quanto donna, ma non solo per quello. Qui funziona in un certo modo. I professori universitari hanno una posizione di potere, molto paragonabile a quello dei politici. Per poter entrare nel giro bisogna sacrificare la propria vita al lavoro, seguire le orme di un professore di riferimento che abbia voglia (ma soprattutto il potere) di farti avanzare, ovviamente rimanendo sulla sua stessa linea di pensiero. Mi viene in mente un compianto e simpatico, nonché preparatissimo geologo americano di cui seguii un corso per dottorandi. Ci chiese un’opinione, cosa ne pensassimo di qualcosa che ci stava mostrando. Vedendo che nessuno osava ci disse “Potete parlare, non sono mica un professore italiano!”. Mi sono vergognato… Ricordo anche la homepage di un dipartimento di geologia di una università inglese: “Apprezziamo nuovi iscritti che la pensino diversamente da noi”. Mi veniva da ridere – con amarezza.

Arrivare a partecipare ad un concorso da ricercatore e poi da docente, richiede uno stomaco non indifferente, pazientare, sgobbare, guadagnare poco o nulla, ingoiare bocconi amari perché ti passeranno avanti persone meno meritevoli perché era semplicemente il loro turno in base agli accordi non scritti tra i vari dipartimenti del paese. Non puoi neanche rifiutarti di partecipare sapendo che non passerai. Perderesti la posizione. Devi andare e fare un figurone per far vedere agli altri di che pasta è fatto il tuo gruppo anche se si sa che sono gli altri che faranno passare il loro uomo (più spesso che una loro donna). Voglio precisare che non ho mai visto degli incapaci andare avanti. Per loro sarebbe impossibile. Ma essere capaci non basta. Devi essere nel sistema. Chi viene da fuori non ha alcuna possibilità. Per questo i ricercatori italiani spesso fanno tutta la carriera nella stessa università – una cosa del tutto impensabile all’estero…

Poi il turno della mia amica è arrivato, alla fine. Parecchio tempo dopo dei suoi coetanei maschi. Da tempo è professore associato. La vera cattedra è quella ordinaria. Potrà succedere. Ma con calma. Anzi, forse no. Pare non sia previsto per lei. Dirigere il dipartimento? Scherziamo? Un suo coetaneo maschio è oggi il direttore. La mia amica americana che diventa oggi un direttore di dipartimento è nettamente più giovane e soprattutto nettamente meno stressata. Ha fatto carriera molto più velocemente e con meno sacrifici. Forse perché gli americani sono stupidi? Mmmm….

Dove sarei io se avessi preparato bene quel GRE nel 2001? Magari non direttore di dipartimento ma professore in USA lo sarei certamente. Ma questi ragionamenti sono inutili. Non avrei la bella famiglia che ho oggi, non avrei lo splendido figlio che ho. Non potrei mai rimpiangere questo, ma non posso fare a meno di notare, proprio pensando al suo futuro, che c’è una bella differenza tra il nostro paese e gli altri paesi avanzati, almeno per quanto riguarda il mondo delle scienze e della ricerca. Non è tutto rose e fiori. Esistono anche all’estero realtà di innumerevoli contratti temporanei mal pagati in diverse parti del mondo. Non tutti riescono a reggere il passo. Chi vuole una famiglia ha vita dura a meno di non essere davvero ricco. Per come sono fatto io forse non avrei retto, non sono monotematico, come questo sito potrebbe suggerire. Devo spaziare su più argomenti, non potrei concentrarmi tutta la vita solo sulla geologia. Forse per questo non ho un dottorato e non sono un ricercatore o professore.

Un’alternativa professionale l’avevo trovata: nelle compagnie petrolifere un geologo come me fa proprio il lavoro che gli piace fare di più. Indagini geologiche ad alto livello. Peccato che dopo un disastro americano, l’esplosione di una piattaforma nel Golfo del Messico nel 2012, l’Italia abbia stupidamente deciso che la ricerca offshore non vada più fatta. Alla lunga la cosa ha fatto fuggire dal nostro paese parecchie compagnie estere che facevano ricerca qui, compresa quella per cui lavoravo io, causando la perdita di numerosi posti di lavoro. Inutile che i geologi spiegassero agli amministratori che uno scenario come quello del Golfo del Messico è impossibile nel nostro piccolo Adriatico. Le condizioni geologiche sono del tutto diverse e mai il petrolio fuoriuscirebbe da un pozzo sommerso. La cosa più assurda è che nel Golfo del Messico le autorità USA bloccarono i lavori per 3 mesi. Quando capirono cosa era successo riaprirono i lavori. In Italia, dove non era successo assolutamente nulla (siamo anche ad una distanza enorme dal Golfo del Messico), qualcuno ha preso la palla al balzo ed ha bloccato tutti i lavori entro 6 miglia dalla costa – per sempre.

Va bene così. Sono in salute, suono la chitarra in un gruppo di rockettari attempati, lavoro in un ambiente simpatico ed allegro. Mi sono (ri)fatto da solo, riciclandomi grazie capacità che ho sempre avuto a prescindere dagli studi universitari. Ho una bella famiglia, anche il Covid è stato alla larga finora. Ho dovuto anche lavorare in fabbrica, i segni di quello che ho passato si vedono anche fisicamente, qualche ruga in più, qualche capello in meno. Qualcosa di diverso anche nel mio modo di essere. Avrò rimpianti invecchiando? Me lo chiedo spesso e forse temo di sì. Se fossi rimasto a lavorare gratis all’INGV in cui avevo svolto la mia tesi, come è concesso a chiunque, oggi forse sarei ricercatore lì, come hanno fatto tanti. Ma io ingenuamente credevo che avrei fatto meglio a trovare un lavoro.

Cosa che (da geologo) è avvenuta dopo 7 lunghi anni. Avrei dovuto fare di tutto per andare negli USA a fare il dottorato. O forse no…?

Non è che negli Stati Uniti tutto sia meglio che in Italia o in Europa (e con la pandemia si è visto). Ci sono pregi e difetti ovunque. Del resto, se non avessi perso il lavoro da geologo non avrei (probabilmente) ritrovato l’amore per la chitarra. E non è detto che il mio vero desiderio profondo non fosse di essere un geologo ma un chitarrista. Come molti musicisti in erba ho scelto subito il piano B andando all’università, senza nemmeno considerare il piano A di studiare la chitarra. Certo, con la musica che piace a me, potrei scrivere un articolo simile sulle opportunità dei musicisti qui e negli USA. Comunque non è facile in nessuno dei due posti. Alla fine mi diverto di più così, con un lavoro comunque interessante che mi permette di suonare nel tempo libero, essendo il vero me stesso quando sono sul palco…