Il chitarrista della domenica

Chiunque può comprare un chitarra, darsi un po’ da fare (basterebbe Youtube), prendere qualche lezione o consiglio da chi già suona e poi dire “suono la chitarra”. Io ho fatto così. Uno zio ha dato la sua chitarra a me e mie sorella quando avevamo rispettivamente 11 e 9 anni. Abbiamo sperimentato in base ai primi accordi fornitici dallo zio stesso. E siamo andati avanti. Io in particolare mi sono focalizzato sul ruolo di chitarrista, imparando anche degli assoli. Poi quando avevo 16 anni è arrivata la chitarra elettrica ed attorno ai 20 anni avevamo un gruppetto con cui replicare le canzoni dei nostri beniamini nelle sale prova. Quando si dice “io suono la chitarra” non significa molto. Io l’ho sempre detto di me stesso ma che significa davvero? La suono da solo? In un gruppo? Mi esibisco pubblicamente o suono a casa seduto sul divano? Anche un professionista può affermare “io suono la chitarra”. Basta un professionista di piccolissimo calibro ad umiliare uno come me che suona nel tempo libero. Ma esistono anche non professionisti con una tecnica micidiale. La stragrande maggioranza non è diventata famosa, neanche quelli che ci guadagnano qualcosa, neanche quelli che vivono di chitarra. Continue reading  

Se uno è “Bravo” a tenere il “Ritmo”…

Suono la chitarra da quando ero giovanissimo e un po’ di senso del ritmo ormai lo dovrei avere. Se estendiamo il concetto alla vita di tutti giorni, lo vedo un po’ come essere capaci di adattarsi alle situazioni in base quello che accade e a quali sono le nostre capacità. Insomma, essere “Bravo” a tenere il “Ritmo” della vita è sicuramente molto utile. A volte ci sono riuscito e mi sono adattato ai cambiamenti inaspettati, primo fra tutti la perdita del lavoro che tanto avevo sognato. Non è un segreto che i periodi della mia vita io li veda contrassegnati dalle automobili utilizzate in quel momento. Non sarà molto poetico legare i ricordi alle auto di famiglia ma io ho un’intera sezione di questo sito dedicata all’argomento. E l’ultima arrivata in famiglia porta il nome di un riconoscimento, come a dire che sono stato …Bravo. Continue reading  

23 novembre 1980

Per essere novembre inoltrato era una giornata piuttosto calda. Noi ragazzi e bambini giocavamo all’aperto, in cortile e nelle campagne circostanti. Era una splendida domenica d’autunno, soleggiata e fresca, ma non troppo. Nel pomeriggio ci fu la classica partitella di pallone in cortile. Il leggendario Super Santos era finito in un balcone del 2° piano e uno di noi aveva scavalcato dalla finestra delle scale per andarlo a recuperare, correndo un rischio che oggi, da genitore, mi farebbe accapponare la pelle. Ma nel tempo lo avevamo fatto un po’ tutti a turno: il cortile era circondato da balconi e terrazzi al piano terra, era inevitabile che il pallone finisse in uno di essi. A volte citofonavamo al proprietario per chiedere il favore di restituircelo, ma dato che spesso il pallone veniva sequestrato, o peggio tagliato in due con le forbici in un rito solenne a cui ci facevano assistere spietatamente, ci prendevamo il rischio di scavalcare prima che il proprietario se ne accorgesse. Quando andava male ricorrevamo ad un disperata colletta e correvamo a comprarne un’altro. In pratica rischiavamo una violazione di domicilio per evitare una appropriazione indebita. Ma quella domenica pomeriggio del 30 novembre 1980 il pallone era finito nel balcone di un nostro amico che non abitava più lì, l’appartamento del 2° piano era disabitato. Così qualcuno dovette andare a recuperarlo nonostante i circa 6 m di altezza…

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Navigare tranquilli?

E’ un po’ che il mio lavoro è passato dal mondo delle scienze della terra a quello dell’informatica. L’argomento è sempre stato un mio interesse tanto che su queste pagine ne racconto anche un po’. Parlo della storia dei computer ma poco di Internet. La Rete è cambiata molto dai primi passi. Quando ho comprato il primo modem un sito internet lo avevano solo le grandi aziende, le università, i centri di ricerca. Era inimmaginabile quello che sarebbe successo nel giro di 20 anni. La posta elettronica sembrava un miracolo ed oggi è obsoleta. Siamo costantemente connessi per nostra stessa volontà e piacere. Ci sono stati forniti strumenti che man mano sono diventati d’uso comune ed indispensabili nella vita di tutti i giorni. Lo scopo è quello di poterci controllare meglio, influenzare le nostre scelte e il nostro pensiero e di catturare la nostra attenzione per lucrare su di essa.

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Le avventure di una Papalfa

Avevo fatto un sogno. Era notte e dei fari di una automobile illuminavano un cancello di una villa di campagna. Era come se li guardassi di lato alla loro altezza, come fossi un bambino. Provavo quella sensazione di sicurezza e calore di rientrare a casa con la tua famiglia, una sensazione molto positiva che mi è rimasta impressa con quella stessa immagine del sogno. I fari dell’auto erano tondi e cromati. Erano quattro. Al centro una griglia a V con un logo rotondo sul lato alto che per me ha sempre ricordato un periodo in cui la vita era diversa, aveva un altro ritmo, più naturale. Un periodo in cui quando viaggiavi o facevi semplicemente un giro non eri rintracciabile e per chiamare qualcuno dovevi cercare un telefono pubblico. Era anche il periodo più glorioso del marchio di quel logo e io lo associo alla mia infanzia e ad un periodo pre-digitale, dai ritmi più umani. Era il logo Alfa Romeo su un frontale tipico di quegli anni: Oo=V=oO.

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Le cose cambiano

Le cose cambiano. La vita è un divenire. Quello che succede ha delle conseguenze. E’ naturale. I grossi cambiamenti della vita, quelli che segnano, che causano il maggiore stress e quindi richiedono un maggiore riadattamento delle vita di una persona arrivano prima o poi per tutti: lutti, cambi o perdita di lavoro, trasferimenti, matrimoni e separazioni, nascite di figli. Sono stress sia positivi che negativi. Non si è più gli stessi quando si diventa genitori, né quando si perde una persona cara. Per quello che riguarda la mia vita, lo stress positivo più bello e intenso è stata la nascita di mio figlio: ho scoperto che non si può descrivere come ci si sente, lo capisci solo quando succede ache a te; la sensazione che descrivo a chi me lo chiede è che mi sentivo “completo”. Per ora lo stress negativo peggiore che mi è accaduto è stata la perdita del lavoro.

Due cose hanno reso la cosa più pesante di quanto non fosse normalmente: la strada, le lotte e i sacrifici fatti per arrivare al lavoro che sognavo e l’età critica in cui poi l’ho perso, poco dopo i 50 anni. Come essere nella terra di nessuno, troppo giovane per la pensione, troppo anziano per essere assunto di nuovo.

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