Ukemi

gouttardUkemi. Un gesto che in italiano potrebbe essere tradotto come rotolata. Un gesto non facile per un adulto: deve andare a terra dopo che ha passato una vita a raddrizzarsi e ad evolversi in una posizione verticale. Per un bambino, cadere fa parte dell’apprendimento, non si sente in colpa quando cade. All’inizio della sua vita sta più a terra che in piedi. Poi crescendo guadagna altezza e abilità, non cade più tanto, ma quando lo fa, il dolore aumenta con l’età e con la maggiore attività. La coscienza del dolore gli mostra che non bisogna più cadere, fa male, e dopo una caduta potrebbe perdere la sua libertà di movimento.
philippeLa capriola, la caduta, l’ukemi, sono tre parole che riflettono un solo gesto in cui si rotola sul pavimento in avanti o indietro secondo le direzioni date da tori ad uke durante la pratica. Per cominciare bisogna dare una spiegazione meccanica alla caduta ed alla proiezione. Ne abbiamo già parlato in un altro articolo. Normalmente la caduta avviene mentre siamo soli: cadiamo per un errore di valutazione o tecnico durante un’attività che può essere lo sci, il pattinaggio, lo skateboard. E quando usiamo la parola cadere, l’avverbio che gli accostiamo è “su”. Cadiamo “su” qualcosa o nel vuoto. Si tratta dunque di un fatto di verticalità e di gravità. Di contro, la proiezione richiede una direzione che non è più così verticale e necessita l’azione di terzi, che possono essere una persona o un fenomeno naturale. E siamo proiettati “contro”. In Aikido subiamo la proiezione quando agiamo da uke ed essa comporta una traslazione nello spazio. Il nostro corpo non cade in verticale, ma in una direzione più o meno obliqua.
Nella nostra pratica, subiamo una proiezione che controlliamo con una rotolata in avanti o indietro. Vi è quindi un vocabolario chiaro da utilizzare quando insegnamo a un principiante una tecnica che prevede di lanciare il suo corpo nel vuoto, verso il suolo, per poi rialzarsi dopo aver rotolato sul suolo stesso. All’inizio il principiante è solo con la paura di farsi male. Non ha il coraggio di iniziare. Sta quindi a noi trovare un metodo che lo traquillizzi e che gli permetta di effettuare questo gesto in sicurezza. La prima cosa da dire a un principiante è che gli stiamo insegnando a rialzarsi, non a cadere, dato che è già caduto in passato prima di salire sul tatami. Se si rialzerà bene, vorrà dire che ha rotolato bene. E’ bene che si cominci dalla caduta all’indietro, dato che sono gli occhi che bloccano il movimento in quella in avanti. Il corpo di un principiante non accetta naturalmente di lanciarsi in una rotolata a testa avanti. Mentre è bene insegnare all’allievo a cadere all’indietro rilasciando le gambe e imparando a rialzarsi senza usare le mani. Poi per la caduta in avanti si insegna all’allievo a piegare bene le ginocchia per poter poggiare il palmo della mano accanto al piede avanzato. Un rotolamento richiede un costante contatto del corpo con il suolo; se si perde il contatto col suolo, non è più una rotolata ma un tuffo, un lancio che il praticante controlla con una caduta avanti o indietro. Per facilitare la rotolata in avanti, si può chiedere al praticante, al momento del distacco, di guardare indietro per curvare ancora di più il corpo e minimizzare quel piccolo blocco causato dagli occhi che analizzano la possibilità di un pericolo. Queste rotolate in avanti e all’indietro sono parte integrante della pratica, così come saper attaccare bene e saper proiettare bene.
philippe_gouttard-aikidoromanord_gradiPer fare in modo che il corpo non si rifiuti di fare questo esercizio, è necessario che il tori rispetti le direzioni fisiologiche ed anatomiche delle articolazioni di uke, altrimenti l’azione non avverrà in modo naturale e il corpo di uke si posizionerà in modo tale che ogni movimento naturale risulterà impossibile. La rotolata provocata da una proiezione dovrà essere il sogno dell’uke e non l’incubo dell’Aikido quando, prima di attaccare, ci si chiede come si potrà evitare il dolore al momento della proiezione e della ricezione del corpo da parte del tappeto. Ukemi è un esercizio molto difficile se all’inizio non si spiegano bene le basi: piegarsi bene sulle gambe, ruotare le anche nella direzione di caduta, posare bene i palmi delle mani al suolo, non il dorso, gamba arretrata ben piegata, peso su quella anteriore per andare più velocemente possibile restando vulnerabili meno a lungo. Altrimenti sarà difficile per il praticante apprezzare la pratica ed i suoi progressi. Ci vuole tempo e coraggio per apprezzare l’ukemi, ma se se lo si afferra bene, allora l’Aikido diventerà un immenso piacere; in caso contrario la pratica non sarà godibile, sia per l’uke che si rifiuta, che per tori che non potrà esprimersi naturalmente. Per avere piacere nel ricevere una proiezione, uke deve avere fiducia nel tori. Ecco perché all’inizio è importante che sia l’insegnante stesso ad assicurarsi che l’allievo abbia fatto suoi i fondamenti della pratica, dimostrando con le proprie azioni ciò che ha cercato di spiegare a parole. E’ bene evidente che una tecnica di proiezione od immobilizzazione subita da un praticante non sarà percepita nello stesso modo da un novizio e da un praticante di alto grado. E tori non proietterà allo stesso modo un uke novizio e uno di alto grado. Ukemi è il risultato di una proiezione. La difficoltà sta nell’effettuare la rotolata in rapporto alla proiezione, non anticipare o frenare la caduta. Per evitare che manchi l’armonia, è imperativo che tori rispetti la fisiologia delle articolazioni di uke, oltre che il suo livello. Ci ripetiamo, ma ci sembra molto importante che questi concetti siano ben compresi. Inoltre non si dovrebbe mai dire a un principiante: “fai una caduta avanti”, perché non può sapere se intendiamo avanti nel tempo o nello spazio.
L’ukemi è, assieme al tai sabaki (lo spostamento del corpo in Aikido), una caratteristica fondamentale della nostra arte. E’ indispensabile comprenderla perfettamente per una continua ricerca sia per la tecnica che per l’estetica. Senza l’ukemi non c’è Aikido, senza spostamento non c’è Aikido, né libertà. Un buon aikidoka è colui il quale con una tecnica perfetta di ukemi e di spostamento del corpo, accetta tutto da qualunque partner, con la stessa familiarità, anche con tecniche che non conosce.


Originale in francese di Philippe Gouttard
Traduzione in italiano a cura di Pasquale Robustini