Un praticante, molte arti marziali

gouttard-11E’ chiaro che tutte le arti marziali rispondono a qualunque requisito dei praticanti: efficacia, difesa personale, benessere, abilità manuale. Ma, per fortuna o purtroppo, noi che siamo il loro insegnanti non possiamo essere esperti di ogni situazione e rispondere ad ogni domanda dei nostri allievi.

Credo che le arti marziali dovrebbero seguire la crescita fisica e mentale dei praticanti. Mi è sempre stato evidente come ogni arte marziale corrisponda ad un’età della vita e quindi ad una percezione diversa. Queste differenze si attenuano con l’età e nel corso della pratica.

Esiste una progressione che appare chiara dall’esempio delle arti marziali tradizionali giapponesi praticate qui in Francia.
Il Judo è stato creato per primo, poi è venuto il Karate ed infine è nato l’Aikido. E’ ovvio che tutte queste tecniche esistevano già da prima, ma grazie ai fondatori c’è stata una progressione tecnica tramite i vari codici adottati da ogni arte marziale.

Credo che il Judo sia lo sport ideale per i bambini. Con il contatto mani-kimono, le tecniche di presa, i controlli e le immobilizzazioni ventre a ventre, il bambino può scoprire il proprio corpo e quello dei suoi partner. Si tratta di un risveglio alla vita: il toccare, il contatto, la scoperta del proprio corpo. Poi arriva l’adolescenza: il desiderio di dimostrare la propria forza, che viene con la pubertà e la scoperta della sessualità. Trovo che il Karate corrisponda a tutti questi requisiti: gli adolescenti hanno bisogno di confrontarsi tra loro, per mostrare la loro forza attraverso colpi con pugni e piedi. C’è anche il combattimento in cui giovani praticanti possono cimentarsi e, attraverso un gioco in cui sono essenziali coraggio, determinazione e addestramento ad urti e scosse, sviluppare tutte queste qualità. Poi arriva l’età adulta: il concetto di riunione, quello di andare dall’altro con la mano aperta per costruire la tua vita con qualcuno. Per me è l’Aikido che corrisponde perfettamente a queste caratteristiche. Nella pratica dell’Aikido non credo ad altro che a questo concetto: irimi tenkan.

gouttard-33Irimi: entrare in contatto con uno sconosciuto

Tenkan: uno dei due partner talvolta cambia direzione per fare qualche passo insieme all’altro nella stessa direzione.

La vita è irimi tenkan: incontrare l’ignoto e provare a vivere insieme.

Ritengo pertanto che ogni arte marziale rappresenti un’età fisica e una percezione mentale diversa. A questo punto devo ammettere che non ritengo l’Aikido adatto ai bambini. Sento già chi insegna ai bambini gridare all’infamia. Ma l’Aikido creato da O’Sensei non può essere compreso da bambini di età inferiore ai 18 anni. Al contrario, i movimenti che l’Aikido sviluppa, possono benissimo essere compresi dai bambini. E’ lo spirito, il pensiero dell’Aikido che per me non è adatto alla psicologia infantile. Ma non parlo di verità oggettiva, esprimo solo il mio pensiero.

Mi sembra importante che i bambini seguano questa strada prima di arrivare alla pratica che sceglieranno quando saranno liberi di farlo.

E’ ovvio che ci sono delle eccezioni: un bambino può cominciare subito e non lasciare mai più l’Aikido, mentre altri potrebbero anche arrivare sul tatami dopo un percorso atipico.

Per i praticanti adulti di Aikido che provengono da un’altra arte marziale, c’è da valutare diversi aspetti. Per esempio, una delle domande più frequenti è “perché la nostra arte non è abbastanza efficace per legittima difesa?” “Se dovessi combattere, potrei applicare ciò che ho imparato sul tappeto?”

E’ normale che i praticanti pongano certe questioni, è capitato a tutti di porle. Ma comunque dal canto mio non ho mai messo in dubbio gli insegnanti che ho scelto. Nessuno fa Aikido per combattere o per gradi, o per la gloria. Ma se pensiamo alla “lotta” com’è che l’Aikido può rispondere? E quando pensiamo “gradi”, gelosia, frustrazione e senso di colpa per il fallimento ci vengono subito alla mente. Pratichiamo un’arte che non si può oggettivare. C’è e ci sarà sempre un dubbio: Ma se………?

Ecco perché abbiamo bisogno di insegnanti molto forti e molto ben addestrati da non creare dubbi nelle menti degli studenti. Siamo un po’ come i genitori che trasmettono le loro qualità, ma anche i loro difetti nell’educazione dei figli.

gouttard-meze15Gli studenti pensano sempre “ma nel caso in cui…”; ebbene, sul “caso in cui…” bisogna lavorare sul tappeto e non immaginarselo al di fuori. La soluzione dobbiamo trovarcela da soli, noi stessi, non altri: sul tappeto dobbiamo comportarci come se fossimo fuori, e non con un amico ad “attaccarci”, ma un partner che deve dare il meglio di sé per farmi progredire. Non sarà mai come “la strada”. Ma in strada non ci sono codici etici come sul tappeto. Perché allora, di tanto on tanto, non insegnare agli studenti la pratica come se fossero in strada e lasciarli fare ciò che sanno, ciò che comprendono?

Conosco bene i miei aikidoka: non sono persone che vogliono fare a botte, altrimenti avrebbero scelto la boxe, il wrestling o il rugby. Ma noi in Aikido lavoriamo sui codici. Bisogna quindi accettare che un partner si muova, anche il più piccolo, e fare anche in modo che ne abbia piacere.

Alla domanda “L’Aikido è efficace? ” spesso rispondo all’allievo “Perché fai ancora Aikido?”

Facciamo Aikido per il giorno in cui capiterà a noi una certa situazione di conflitto al di fuori del tappeto, e dovremmo essere in grado di fare la migliore tecnica possibile al grande cattivo che incontriamo sotto la pioggia alle tre del mattino per poi sentirci dire “Mi piacerebbe essere di nuovo nelle tue mani.”

E’ un po’ quello che ci aspetteremmo dopo aver praticato per un’ora con un partner, sentirci dire: “quando si ricomincia? “

E’ confortante in questo senso non avere a che fare con la verità, ma con la volontà di fare sempre il meglio possibile e accettare sia le qualità che le debolezze della nostra arte. E noi insegnanti dobbiamo accettare che i nostri allievi vadano a cercare altrove quello che noi non possiamo dar loro.

E’ importante che i nostri studenti siano critici verso di noi. Il nostro ruolo è quello di attenuare i problemi. Questo si ottiene da un lavoro tecnico molto preciso e da una libertà data agli studenti tale da consentire loro di prosperare.

In conclusione, credo che tutti i praticanti di aikido dovrebbero aver provato ogni possibile arte marziale in modo da ampliare la propria cultura e mantenere una mente più aperta. Tuttavia, essi non devono mai dimenticare che nella nostra arte c’è una soluzione a tutti i loro problemi, ma che noi, i loro insegnanti, non abbiamo abbastanza tempo e che i nostri insegnanti non possono gestire tutto da soli.


Traduzione dal francese a cura di Pasquale Robustini
Articolo originale in francese di Philippe Gouttard