Papà, qual è la macchina migliore di tutte?

Da bambino ero appassionato di automobili. Mi affascinavano nel loro modo di funzionare. Trovavo miracoloso che un motore che bruciava benzina potesse innescare una serie di meccanismi che contribuivano a far girare le ruote e far raggiungere alla “macchina” prestazioni anche da primato. Ma quello che mi affascinava delle auto era che fossero una cosa da adulti. Saper guidare era “da grandi” e non vedevo l’ora di imparare. Guardavo le auto che popolavano la mia città e sognavo di guidarne una. Ovviamente, come quasi tutti i bambini dell’epoca, giocavo con le macchinine ma a me piacevano le riproduzioni dei modelli “normali”, quelli che si incontravano tutti i giorni. Le Porsche e le Ferrari non mi interessavano. Ero attratto dalle auto delle persone vere, quelle con cui la gente andava a fare la spesa, al lavoro, portava i figli a scuola o a trovare i nonni e magari andava in vacanza. Erano i tempi in cui la Fiat 500 aveva motorizzato gli italiani. La 600 ne era l’evoluzione e l’850 ne era la versione ampliata. La regina indiscussa era la Citroen DS, l’auto più bella mai costruita. Ma la migliore davvero qual era?

Così chiesi a mio padre: “Papà, qual è l’auto migliore di tutte?” E la risposta magica fu: “E’ la Giulia…”

L’Alfa Romeo aveva inventato tutto un altro modo di fare auto. Erano basate sulle corse e portavano le soluzioni tecniche sportive sulle auto di tutti i giorni. Non tutti potevano permettersi un’Alfa Romeo ma tutti la ammiravano. erano l’orgoglio dell’industria automobilistica italiana. In certi sensi più delle Ferrari, che davvero era per pochi ma comunque era nata dall’Alfa Romeo stessa, quindi rimettiamo la storia nella giusta prospettiva. Le Alfa Romeo non erano auto impossibili da avere. Non era necessario essere straricchi. Bastava “stare un po’ meglio” e te la potevi permettere, accedendo così a prestazioni che altre auto dell’epoca neanche potevano sognare. Non si avvicinavano proprio. La BMW “andava dritta alle curve” era la battuta classica per descrivere la supremazia italiana su strada. L’Audi neanche esisteva. La Volkswagen era più che altro il bellissimo Maggiolino e un iconico furgoncino, ma niente di più. Mercedes era un’altra cosa, un’altra storia, un altro mercato. Le Alfa Romeo erano le auto prescelte dalle forze dell’ordine in base alle prestazioni ineguagliate da altre auto “normali”. Ed era anche la prescelta dalle forze del crimine. Gli inseguimenti dei film polizieschi italiani di quel periodo vedevano le Alfa protagoniste.

Mio padre era in Polizia e lo immaginavo sfrecciare nelle Alfa Romeo Giulia grigio-verde di allora. Sognavo di fare il poliziotto da grande e guidare anche io una mia Giulia. Sognavo anche che un giorno mio padre potesse permettersela così da poterne godere anche solo da passeggero finché fossi stato minorenne. Ricordo ancora una vetrina di un negozio di giocattoli vicino casa dei miei nonni. C’era un’auto giocattolo rossa, era radiocomandata, una cosa all’avanguardia a quei tempi. Era un modellino poco fedele di Alfa Romeo, ne scimmiottava il mitico frontale Oo=V=oO che ancora oggi mi emoziona anche scritto coi caratteri della tastiera. Ma anche il modellino radiocomandato era irraggiungibile per un umile poliziotto che, inginocchiato davanti a me, avrò avuto 3 o 4 anni, cercava di farmi comprendere che avrebbe tanto voluto regalarmela ma proprio non si poteva. Chissà con quale amarezza nel cuore mio padre dovette ripiegare su un modello più economico telecomandato, tramite cavo. Ricordo ancora quell’auto della polizia americana di cui innescavo la sirena dal telecomando e mia nonna che fingeva di spaventarsi…

Forse questo imprinting infantile ha scolpito dentro di me un’affetto particolare verso le auto dell’Alfa Romeo. Anche solo l’immagine di un cerchione o una borchia dell’epoca stimolano ricordi affettuosi. Il frontale, con i fari cromati e la griglia a V inconfondibile mi provocano una sorta di nostalgia. Per anni ho sognato Alfa Romeo. Ma l’auto di famiglia non sarebbe mai stata neanche italiana. La modalità di scelta era dettata dalle necessità: l’occasione usata più conveniente. Quindi dalla prima Skoda 1000 si è passati a una Simca 1000 e a una Ford Escort. Prima di quest’ultima mio padre aveva considerato una Citroen Diane e io mi ero messo a piangere alla sola idea. Dopo la Escort toccò a una Renault 14 ma all’epoca mi piacevano le due volumi che sfidavano le Golf desiderate da tutti ed adoravo sia la Fiat Ritmo che la tonda R14. Ero molto contento della nostra giovanile auto di famiglia, su cui ho imparato a guidare dopo i primissimi passi con la Ford. Dopo tanti anni arrivò un’Audi 80! Mi piaceva da impazzire, aveva sostituito l’Alfa Romeo nei miei sogni dopo che all’entrata nel gruppo Fiat la berlina media era la povera 155 e proprio non mi piaceva. Ma qualche anno dopo uscì la favolosa Alfa 156 e il “cuore sportivo” tornò a battere forte alla vista della nuova Alfa Romeo.

Nella mia vita adulta avevo ereditato l’Audi 80 che mio padre andando in pensione aveva acquistato proprio perché sapeva quanto mi piacesse. Ad essa seguì una Skoda, come la prima auto di mio padre, ma una Fabia Wagon. La cambiai con una Audi A6 Avant Quattro prima serie per nostalgia dei 4 cerchi che per anni avevo guidato. Ma era troppo problematica e presi la prima italiana di sempre, una umile Fiat Grande Punto. Mai avrei pensato potesse piacermi così una Fiat. Mi ha colto di sorpresa facendomi tornare ad apprezzare le auto del mio paese, ricordando il mio amore di ragazzo per le piccole grintose italiane (A112, Fiat Ritmo) e non (Renault 5). Poi uscì la Bravo e mi colpì molto. Mi faceva pensare ai fasti delle Ritmo 105TC o Abarth che sognavo da ragazzo. L’imminente arrivo di un bimbo mi spinse a cercare un’auto più grande ed avevo la Bravo in testa, immaginandola come una Punto più grande. Chiesi al mio meccanico di fiducia e mi disse di andare su una station wagon se volevo più spazio. Aveva disponibile un’Alfa 156 Sport Wagon. Ebbi un tonfo al cuore.

Mi tornò in mente l’immagine di un sogno recente. I fari cromati di un’Alfa Romeo d’epoca illuminavano un cancello di una casa di campagna. Provavo quella sensazione di calore familiare e protezione che un bambino sente rispetto alla sua famiglia, ai genitori. Chiaramente era la proiezione del fatto che io mi preparavo ad accogliere un figlio nel calore della famiglia che stavo costruendo, ma stranamente l’immagine collegata a questa sensazione era il frontale Alfa Romeo Oo=V=oO. E da pochissimo avevamo visto una casa bellissima a cui si accedeva con un cancello analogo. Dopo pochissimo la mia Alfa Romeo avrebbe illuminato quel cancello al rientro a casa col nostro piccolo. Battezzai la mia splendida Alfa Romeo 156 “Papalfa” perché la acquistai il mese dopo essere diventato padre.

Le auto sono solo dei mezzi di trasporto, 4 ruote che ti servono per spostarti, per lavorare, andare in vacanza, eccetera. Ma non le vedo solo così. Sono dei simboli. Sarà che per me sono state il simbolo del diventare adulti e questo spiegherebbe il forte legame delle auto possedute con i ricordi di quei periodi. Periodi di vita simboleggiati, tra l’altro, con l’auto che si guidava a quei tempi. La Papalfa mi fece tornare la passione per l’Alfa Romeo. La 156 era poi quel modello che aveva riportato la casa del Biscione ai fasti del passato, anche se ormai altre case sapevano fare le auto in quel “certo modo”, avendo imparato proprio da Alfa Romeo. Fu l’auto del mio successo come uomo, divenni padre dopo aver raggiunto il lavoro dei sogni e dopo aver sposato la donna che amavo. Chi meglio di me? Ma mi attendeva una grossa caduta, il fallimento dell’azienda per cui lavoravo.

La Papalfa fu testimone anche di questo e purtroppo ne pagò le conseguenze, non potendo certo occuparmene come avrebbe meritato. Resistette eroicamente finché non potei permettermi di cambiarla, a malincuore ma costretto. Era inevitabile viste le sue condizioni. Ero certo che avrei trovato un’altra Alfa Romeo, magari una 159 se non una Giulietta. Ma non potei. Le condizioni economiche mi costrinsero ad accettare un’occasione incredibile, una Fiat Bravo come quella che una volta pensavo di prendere, in ottime condizioni ad un prezzo ridicolo. Esattamente quello che ci voleva in quella situazione. Fortunato? Si, certamente. Ma mi manca un’Alfa Romeo…

E’ così sbagliato, futile o immaturo sognare di avere un certo tipo di auto? Non voglio vantarmi dell’auto posseduta, non l’ho mai scelta né usata come status symbol. Ho sempre avuto l’idea che visto che un’auto è uno strumento necessario, tanto vale averne una che ti piaccia guidare. La Bravo mi piace, ma non è un’Alfa Romeo, non fa battere il cuore. Che importa? Importa poco, è vero, ci sono cose che vengono prima e parecchio pure. Ma è anche vero che si vive una sola volta e che le rinunce, anche su cose banali, non fanno bene alla psiche.

Il mio ideale oggi sarebbe trovare una Alfa 159 Sport Wagon con l’allestimento più recente, quello scuro ed elegante degli ultimi modelli; le tonalità chiare e caffè latte dei primi non mi ispiravano molto. Mi piacerebbe nera come era la Papalfa e la chiamerei Papalfa 2.0. Non so se ci riuscirò. Se ne trovano tante di occasioni a basso prezzo. Le Alfa 159 non sono molto desiderate, non hanno avuto il successo che avrebbero meritato per tanti motivi. Quindi possono essere ancora ottime occasioni. Si può discutere sulle prestazioni (è un modello pesante per le motorizzazioni più diffuse) ma la linea è accattivante come solo Alfa può fare.

Ogni volta che vedo un’Alfa 159 mi chiedo se mai potrò guidarne una un giorno. Ma le cose non vanno bene dal punto di vista economico e non vedo come potrei mai acquistare un’altra auto nel breve periodo. Ho dovuto rimborsare i miei creditori e ancora devo saldare i debiti con lo Stato. La cosa si sta facendo sentire sui conti familiari e in genere il mio stipendio svanisce in circa due settimane, in tempo per quello di mia moglie di entrare e sparire più o meno con la stessa velocità. Non riusciamo a mettere da parte nulla. Si vive da busta paga a busta paga, non facciamo una vacanza da anni, non prendiamo l’aereo da un bel po’, mai più fatto un viaggio all’estero. Ma siamo anche a rischio: qualunque emergenza non potremmo affrontarla dal punto di vista economico perché viviamo sul filo del rasoio. E la bella Bravo è stata sfregiata da qualche disonesto che in manovra mi ha rovinato entrambe le portiere del lato destro, staccando la maniglia anteriore. Neanche un anno intero è durata intonsa. Ovviamente l’onestà di lasciarmi il numero per lasciare la cosa in mano alle assicurazioni non è più prevista.

Probabilmente l’evento mi ha fatto scattare qualcosa dentro. Sono proprio stufo. Stanco di dover lavorare per pagare le bollette e basta. Così non si vive, si sopravvive. Ma non vedo via d’uscita: io e mia moglie percepiamo il normale stipendio di un impiegato italiano, che non basta per vivere, ne servono due, ma così bastano solo a sopravvivere. Un qualunque extra, un’ammaccatura all’auto o un malfunzionamento, un elettrodomestico o un telefono che si rompe e che dio ci scampi una malattia… e non saprei come fare. E’ una situazione di ansia costante. Sinceramente mi sembra di impazzire quando penso alle responsabilità e alle preoccupazioni da affrontare sul lavoro rispetto alla misera ricompensa di uno stipendio da fame. E non ce l’ho col mio datore di lavoro, è proprio il sistema Italia che è così. Gli stipendi sono ridicoli e gli italiani devono fare i salti mortali per arrivare a fine mese. Faccio solo l’esempio dell’insegnante italiano che percepisce circa 1400 euro al mese per arrivare a 1800 a fine carriera; contro quello tedesco che parte da oltre 2000 per finire la carriera con 4000. Mi sembra di parlare di persone ricche ma non è così, sono solo persone degnamente pagate per il loro lavoro, che possono vivere una vita serena e anche lavorare serenamente perché non hanno la preoccupazione di come pagare il riscaldamento d’inverno o come fare la spesa la settimana prossima.

Mi monta una rabbia dentro e mi sale il sangue al cervello se penso che oltre alle preoccupazioni lavorative devo preoccuparmi anche di come dare da mangiare a mio figlio! Altro che Alfa Romeo! Che senso ha spaccarsi il culo così per stare con l’ansia di come pagare le bollette e l’affitto? Se mi si rompe la macchina non posso andare al lavoro e sono fottuto. Quando andrò in pensione come farò a sopravvivere con la miseria che mi aspetta? Se uno tra me e mia moglie dovesse tirare le cuoia prematuramente, come farebbe l’altro a mantenere nostro figlio?

Come si fa a vivere con 1300 euro al mese? Come è possibile? Come può chi ci governa pensare che questa situazione sia vivibile? Eppure non sento mai parlare di stipendi bassi. Oggi il problema è il Covid e il relativo Green Pass che ci toglierebbe la libertà di cittadini. Ma chi ci toglie davvero la libertà è chi ha permesso e permette ancora che le retribuzioni siano così più basse del costo della vita. I prezzi aumentano in tutti i settori e gli stipendi non fanno un passo. Dove arriveremo? Ma davvero qualcuno può pensare che a Roma o Milano si possa sopravvivere con uno stipendio che equivale ad una affitto medio? Si dice che l’affitto non dovrebbe superare un terzo dello stipendio. Cosa affitti a Roma con 400-500 euro? Il posto macchina? Vivendo in un piccolo centro pago quel tipo di affitto ma non è un terzo del mio stipendi, è di più. E le rate che pago per saldare i debiti accumulati per via della perdita del lavoro fanno si che se anche fossi single non potrei sopravvivere con un normale stipendio. La qualità della vita è bassissima. Come ho fatto durante il periodo buio della disoccupazione, la salute mentale regge perché guardo mia moglie e mio figlio e mi sento fortunato ad averli, sfogo la mia passione musicale suonando la chitarra in un gruppo cover rock. Gli affetti, l’amore e l’arte sono l’unico vero senso della vita. Ho sempre sostenuto che il lavoro non ci definisce a meno che di non essere tra i pochi fortunati per cui il lavoro coincide con la loro passione.

E mi lamento di non poter avere più un’Alfa Romeo? Sembrerà triviale ma il fatto di non pretendere un’auto irraggiungibile (parlo di auto che costano poche migliaia di euro usate, non degli status symbol come BMW e Audi) suggerirebbe che c’è proprio qualcosa che non funziona. L’auto di mia moglie sta arrivando a fine carriera. Dobbiamo spremerla finché possiamo perché comprane anche una di soli 1000 euro è un’impresa per chi come noi non ha più accesso al credito. Potrebbe essere però un’idea sostituirla con un’Alfa anche un po’ vecchiotta, a poco prezzo. Ma esiste anche la vessazione del passaggio di proprietà dal costo fisso che non ha niente a che vedere col valore dell’auto che si acquista, cosa che sarebbe più logica. Invece si tende a soffocare il mercato dell’usato, che è l’unica risorsa per chi non ha 30 mila euro da parte per comprane una nuova. Poi mi dicono di comprare un’auto elettrica, o Euro 6, nuova perché quella vecchia inquina. Ma se io non so come pagare le bollette, se mi indebito con lo Stato perché non ce la faccio a pagare il bollo auto, me lo spiegate come faccio a preoccuparmi dell’inquinamento? Ma un po’ di realismo no?

Vi dirò che ho una tale rabbia che mi comprerei una Alfa Romeo di 20 anni, inquinante, rombante, che fa un bel rumore muscoloso da mettere paura, bella come le moderne non se lo sognano nemmeno e a chi mi guarda storto perché sono Euro 3 gli chiederei se mi sovvenziona lui/lei la macchina da attaccare la sera alla presa elettrica per fare il figo che non inquina. Hai voglia a dare incentivi sulla rottamazione, ma con 1300 euro chi se la compra una macchina nuova? Chi li paga 200 al mese per affittarla? Ma perché non vado coi mezzi dite? Perché coi mezzi ci vai se lavori e vivi nella stessa città. Se non ti puoi permettere di pagare un affitto che equivale al tuo stipendio o quasi, devi vivere fuori. E se stai fuori la macchina ti serve, se non sei fortunato da vivere in un piccolo centro ed andare a piedi al lavoro, a fare la spesa, dal medico, a portare il figlio a scuola. E pensate che il problema sia il Green Pass? Ma fatemi il piacere e studiate meglio scienze a scuola….