Il mantello

Il mantello, spesso circa 2900 km, occupa la maggior parte dell’interno della Terra. La geofisica ci dà informazioni indirette anche sulla sua struttura e composizione, che come abbiamo visto è ritenta prevalentemente peridotidica. Studiando le proprietà delle onde sismiche che sappiamo aver attraversato il mantello possiamo derivarne informazioni cruciali sulle sue caratteristiche. Il suo limite superiore è individuato dalla superficie di Mohorovicic (Moho). Due salti di velocità delle onde sismiche definiscono due discontinuità al suo interno a 410 km e 660 km di profondità. Abbiamo quindi un mantello a 3 strati, il mantello superiore, una zona di transizione ed il mantello inferiore.

mantle seismics

Nel 1012 Ludwig Geiger e Beno Gutenberg identificarono nella parte alta del mantello una zona a bassa velocità sismica (Low Velocity Zone = LVZ) che oggi chiamiamo Astenosfera. La bassa velocità sismica (ed un quasi annullamento delle onde S) deve essere dovuta ad aree parzialmente fuse nel mantello superiore che permetterebbero i movimenti isostatici e come vedremo più avanti, quelli delle placche. In sostanza si tratta di materiali in uno stato simile a quello di una pasta dentifricia che reagisce in modo rigido ad impulsi rapidi come le onde sismiche, ed in modo fluido ad impulsi lenti come i movimenti tettonici. La porzione di mantello sopra la LVZ (detta lid) è quindi rigida e, assieme alla crosta, costituisce la Litosfera. Il limite litosfera-astenosfera (Lithosphere-Asthenosphere Boundary = LAB) è qui definito come limite reologico (Rheological Boundary Layer = RBL) tra la più fredda litosfera ad alta viscosità e la sottostante più calda astenosfera a bassa viscosità. Ma los stess opassaggio può essere definito dalla temperatura (Thermal Boundary Layer = TBL), nel senso che separa aree dove il trasporto di calore avviene per conduzione da aree dove avviene per convenzione. Le celle convettive possono svilupparsi solo nella meno viscosa astenosfera. Anche la composizione può variare attraverso il LAB, dato che le rocce ultrafemiche del mantello litosferico hanno perso il loro contenuto in volatili.

La zona di transizione (410-660 km) è dovuta ad un brusco addensamento dei minerali che la compongono. Le strutture cristalline si adattano alle enormi pressioni che si hanno a queste profondità generando strutture tipiche dello spinello. Le sue proprietà reologiche (di reazione agli sforzi) dovrebbero impedire grandi scambi di materiali con il mantello superiore. Una caratteristica peculiare della zona di transizione è l’abbondante presenza di acque (sotto forma di ioni OH). Si pensa che l’acqua sia liberata dalla trasformazione di cristalli in fasi che sono in equilibrio con le pressioni e le temperature della base della zona di transizione.

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Il mantello inferiore, più denso e caldo della zona di transizione, si estende fino a circa 2700 km di profondità. Reologicamente, il mantello inferiore è molto più rigido del resto del mantello, mostrando caratteristiche simili a strutture cristalline tipo perovskite. Anche se la temperatura è molto alta, le pressioni sono tali da rendere le rocce poco duttili. Ovviamente è lo strato del mantello meno conosciuto e più dibattuto da geologi e geofisici.

Tra le caratteristiche principali di questo strato si evidenziano due strutture di forma irregolare che si trovano sotto l’Africa e sotto il Pacifico. Note rispettivamente come Tuzo e Jason, sono state identificate attraverso la tomografia sismica e mostrano forme estremamente irregolari. Si trovano al di sopra del confine del nucleo e si stima che raggiungano elevazioni di 800 e 1800 km sopra la superficie del nucleo terrestre rispettivamente.

James (a sinistra) e Tuzo (a destra) come apparirebbero in superficie: in realtà poggiano sul nucleo terrestre, nel mantello inferiore, e rappresentano il 6% del volume del pianeta.

Al di sotto del mantello inferiore è stato individuato uno strato sottile (che arriva fino a 2900 km di profondità) designato come D”. Si tratta del confine col nucleo ed è una zona in cui si ritiene avvengano processi di fusione di rocce il cui materiale è spinto verso l’alto nelle rocce più rigide del mantello inferiore. Si tratta di materiali silicatici ad alto tenore di ferro a strutture molto dense dette “post-perovskite”. Alcuni ritengono che possano generare pennacchi che raggiungono anche la zona di transizione.

Al di sotto dello strato D” abbiamo il confine con il nucleo (CMB = Core mantle Boundary).