Amplificatore Unison Research Mood (1991-2019)

Bello! Bello che non si riesce a staccargli gli occhi da dosso. Fattore WAF (Woman Acceptance Factor) estremamente alto! Un pezzo di storia dell’Alta Fedeltà italiana. Un progetto quasi unico, amplificatore integrato a MosFet di una ditta veneta che oggi è famosa per i sui splendidi valvolari. L’Unison Research Mood del 1991 è un capolavoro di estetica ma anche tecnicamente è ineccepibile.

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Amplificatore integrato Unison Research Mood

Quando decisi di investire, da neolaureato, in un nuovo impianto stereo, ero irremovibile sulla scelta dei diffusori TDL. Punto e basta! Volevo dei transmission line per ottenere la massima estensione anche alle basse frequenze. I diffusori sono l’elemento che maggiormente caratterizza il suono dell’impianto ed io ero deciso a trovare delle TDL Studio 0.5. Purtroppo sono un carico piuttosto ostico e questo mi costringeva alla scelta di un amplificatore adatto. Il mio pur nuovo e bensuonante Onkyo A-8200 non avrebbe potuto farcela a pilotare le casse che volevo. Mi fu spiegato che occorrevano amplificatori in grado di erogare parecchia corrente (non potenti in Watt ma in Ampère) dato che i diffusori TDL erano “duri”, ossia a bassa sensibilità ed impedenza: 86 dB a fronte di 6 Ohm di impedenza sono un bel carico per un finale (la media dei diffusori è intorno a 90 dB per 8 Ohm: più sono bassi i numeri più è difficile l’impresa dell’amplificatore).

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Amplificatore integrato Sonus Faber Quid

Avendo trovato un acquirente per il vecchio Onkyo, un amico, avevo a disposizione un budget di circa 2 milioni. Le TDL Studio 0.5 si trovavano a 1.200.000 lire in negozio. Amplificatori consigliati erano piccoli integrati, ma molto “capaci”. Ricordo che avrei dovuto scegliere tra marchi come Arcam, Audiolab, Aura, Creek, Musical Fidelity, Mission (il piccolo Cyrus) o la famosa coppia pre+finale della scozzese Naim. Erano tutti marchi britannici come la TDL. Poi la sorpresa: il rivenditore romano dove avevo trovato le agognate TDL mi suggerì di ascoltarle collegate all’amplificatore italiano della Unison Research, un gioiellino di qualità audiophile dal rapporto qualità/prezzo enorme della casa veneta famosa per i suoi pre e finali a valvole. Il Mood, un progetto fortemente ispirato al Sonus Faber Quid di quegli stessi anni (foto in alto – è quasi identico!) era il primo (ed unico, a quel tempo) integrato allo stato solido della Unison Research, costruito con una estrema attenzione sia al dettaglio che all’estetica. Dire bello è dire poco! Altro che le scatole metalliche inglesi…

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Unison Research è stata fondata fondata nel 1987 dall’Ing. Giovanni Maria Sacchetti, per 25 anni insegnante di elettronica e progettista di Unison Research. Oggi la ditta veneta si avvale anche della collaborazione dell’Università di Padova (Prof. Ing. Leopoldo Rossetto) e nella continua ricerca è arrivata a convincersi che la soluzione ideale per le amplificazioni HiFi sia quella integrata, pre e finale nella stessa scatola. Unison Research è famosa per i suoi integrati a valvole ma anche per i suoi raffinati lettori CD, tutti molto ben curati anche dal punto di vista estetico. Alla Unison sono fermamente convinti che un sistema HiFi debba essere un piacere sia per l’udito che per l’occhio.mood retro dx

Come descritto dalla prova della rivista Suono del settembre 1990, come nel Quid “il corpo centrale del Mood era realizzato in un’unica tavola di legno massello di pregevole qualità ed elegantissima finitura esterna, grazie alla smussatura di tutti gli spigoli. Una costruzione di prim’ordine. Molto schiacciato come forma, ha sul pannello frontale in alluminio satinato nero solo la manopola del volume” – potenziometro Alps nella versione top a film spesso, mentre il Quid adottava il Noble – “il selettore degli ingressi, il tasto di accensione e quello per il monitoraggio della registrazione”. L’essenziale, in puro stile audiofilo. Niente presa per le cuffie, niente controlli di tono o loudness. Un ottimo segno. “Il pannello superiore è una generosa griglia metallica di dissipazione del calore con cui è a diretto contatto la doppia coppia di transistor finali che lavorano in classe AB (modalità che genera molto calore) per i primi 20 dei 65 W erogabili. Il pannello posteriore presenta tutti i connettori dorati e degli ottimi morsetti a vite per le casse, il tutto di una qualità così straordinaria da rendere l’integrato quasi più bello da vedere di dietro che davanti.”

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Il Mood può anche essere usato sia come pre che come finale. A detta del venditore la sezione fono, commutabile da MM a MC accedendo all’interno dello chassis, è a “norme militari”. Del resto era giudicata ottima anche dalla prova di Suono, nonostante risultasse più rumorosa delle uscite di linea, praticamente silenziose a qualunque volume. Insomma, una fattura impeccabile con estrema attenzione alla qualità dei componenti. Ma non finisce qui. Il grosso trasformatore toroidale della sezione finale, quello che fornisce la grossa riserva di potenza per i picchi, responsabile della favolosa dinamica del Mood e del Quid, è esterno, in un “cubo metallico connesso all’amplificatore da un cavo di grosso spessore con presa a dieci poli assicurata allo chassis con chiusura a vite”, assolutamente identico in entrambi gli amplificatori italiani. “Due ulteriori tavole in medite sistemate all’interno irrobustiscono l’insieme, dando l’impressione di una solidità a prova di bomba.”

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Sempre nel lusinghiero giudizio di Suono: “All’interno utilizza esclusivamente componenti selezionati e cablaggi ridotti al minimo essenziale. Il Mood mostra una precisione ed una lucidità di tutto rispetto. La gamma bassa è precisa, ben frenata ed articolata; non è un basso portentoso, immanente. E’ però un basso corretto, che non straripa mai e che consente eccellenti performances sia con la musica classica che con il jazz ed il rock. La gamma media è trasparente, molto godibile e, allo stesso tempo, raffinata. Il Mood permette di ascoltare un ottimo pianoforte, ma anche le voci maschili e femminili sono timbricamente corrette. Il risultato è molto interessante con le formazioni da camera, dove il Mood ricostruisce piuttosto bene sia la timbrica del traverso barocco e degli archi, sia lo stage. Questo integrato possiede un medio-alto leggermente incisivo, che punta più al dettaglio che ad una dolcezza spesso eufonica ma non reale. Dal punto di vista dinamico, riesce a farci dimenticare che ci troviamo difronte ad un integrato; la performance è molto significativa soprattutto a livello di microcontrasto, ma il piccolo Unison sfodera una grande forza anche nei picchi dinamici più complessi. Alle eccellenti prestazioni musicali va aggiunta comunque la constatazione di avere a che fare con un’elettronica che lascia trasparire una sicura affidabilità nel tempo, grazie ad una costruzione impeccabile”.

 

hifi-mood-topL’impostazione del Mood è minimalista, ma la cura è maniacale su ogni dettaglio, esattamente come il progetto Sonus Faber a cui si era ispirato. Inoltre non teme nessun carico, essendo capace di erogare parecchia corrente quando richiesto. Nella prova d’ascolto che effettuai con le TDL sconfisse un Audiolab ed un Arcam. Il prezzo era superiore, più di quanto il mio budget permettesse, ma intervenne mio padre e da quella sera del 13 dicembre 1991 il raffinato integrato italiano Unison Research Mood divenne il cuore del mio impianto per 1.350.000 lire a fronte del 1.600.000 di listino. Un pezzo d’arte, oltre che di raffinata tecnologia made in Italy, con ben 3 anni di garanzia Unison Research. Meno male, perché dopo due anni esatti, incredibilmente proprio il 13 dicembre 1993, il Mood non emetteva altro che un basso e profondo ronzio: era saltata la sezione finale, non ho mai saputo per quale motivo. Mi fu rinnovata gratis in garanzia dalla Unison Research, tranne le spese di spedizione (purtroppo avrei scoperto ben altro anni dopo – leggi a fine articolo).

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Dal dicembre 1991 ad aprile 2019 l’accoppiata Studio 0.5 / Mood ha allietato le mie giornate musicali, ma anche le visioni di film: sono un convinto sostenitore dell’Home Theater a due canali – stereo (specie se con diffusori come i TDL, con cui di certo non si ha bisogno di un subwoofer). La qualità ottenibile è decisamente superiore a quella di sistemi multicanale di pari prezzo, ma anche perché 3 o 5 canali in più durante un film poco aggiungono al coinvolgimento di cui è capace un buon impianto stereo ad Alta Fedeltà.

Poi l’ho venduto ed è arrivato un Naim….

Purtroppo ho avuto una brutta notizia dall’acquirente del mio Mood. Essendo pratico in elettronica, ha aperto il Mood per cimentarsi nella sostituzione dei condensatori. Come già detto, lo feci riparare in garanzia per sostituire i finali saltati. Ebbene, il mio acquirente ha subito notato che i 4 resistori bianchi sui finali che si vedono bene nella foto degli interni più in alto, erano stati sostituiti, cosa evidente da prolunghe e saldature – ma che io non ero stato capace di notare.

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Mood resist good In basso i nuovi resistori installati dal nuovo prorpietario – in alto i vecchi e scadenti resistori bianchi installatimi dalla Unison nella riparazione in garanzia.

E neanche potevo accorgermi che la qualità di quei 4 resistori bianchi è piuttosto bassa nonostante facciano un importante lavoro induttivo. Lo stesso è accaduto per altri resistori e condensatori saltati con i finali. In particolare due grossi condensatori di ottimo marchio giapponese: sostituito solo uno con uno di marca diversa, cosa poco elegante visto il livello di costruzione di questo apparecchio.

Mood cap couple bad Mood cap coupleI due condensatori sulla stessa linea: nella riparazione in garanzia la Unison ne sostituì solo uno; il lavoro ben fatto sarebbe stato sostituirli entrambi…

Il nuovo proprietario ha proceduto a sostituire tutto con componenti di qualità ottima per il campo audio e potrà ascoltare il Mood a livelli che io non ho potuto godere per più di 25 anni, ignaro che alla Unison avessero proceduto a fare una riparazione in garanzia in economia, apparentemente coi componenti che trovavano a portata di mano.

Oggi la Unison Research è una cosa diversa. Brutta caduta di stile per quella di allora…


Approfondimenti

Il sito Unison Research.

Il Sonus Faber Quid su tnt-audio.com

Due passi in Unison Research, con intervista a Leopoldo Rossetto su bitaudioworld.it
Giro del Veneto: Unison Research and Opera Loudspeakers su soundstage.com