Alfisti si nasce …o si diventa?

alfa_Romeo_8C_2300_Scuderia_FerrariLa passione per il marchio Alfa Romeo colpisce molti automobilisti. Come tutte le passioni è difficile spiegarla, non ha molto di razionale. Ma conoscendo un po’ della storia dell’Alfa Romeo si fa in fretta a capire come mai la schiera di appassionati sia così folta. Si tratta di auto dal “cuore sportivo”, come la stessa casa automobilistica pubblicizza nel suo marketing. Fin dagli inizi l’Alfa è stata sportiva nei fatti. Appena nata, si è presentata al mondo delle corse con bolidi eccezionali, che umiliavano la concorrenza ben più esperta con prestazioni sorprendenti. L’abilità e l’intraprendenza dei geniali tecnici italiani che all’inizio del novecento permisero quei risultati incredibili, unite al coraggio e alla temerarietà, al gusto della sfida di piloti italiani quali Tazio Nuvolari e Gino Farina tra gli altri, crearono un mito che resta ancora oggi. Progettisti e piloti erano votati all’eccellenza. Le rosse Alfa portavano nel mondo un immagine di un’Italia vincente, capace, organizzata e temeraria (certo, erano tempi in cui la cosa era sfruttata per ben altra propaganda, ci può stare, ma me ne dissocio completamente). L’eredità dell’eccellenza sportiva è oggi della Ferrari, rosso compreso. Enzo Ferrari, dopo essere stato pilota vincente dell’Alfa e scopritore del genio Nuvolari, divenne poi il responsabile del reparto corse dell’Alfa Romeo, detto appunto Scuderia Ferrari (in alto a destra). Quando la casa madre abbandonò le corse, Ferrari si mise in proprio continuando a costruire solo auto da corsa eccezionali e di lusso. L’Alfa Romeo, per fortuna di molti di noi, ha voluto entrare nel mondo “consumer”, rimanendo però legata alla sua immagine sportiva. I modelli che proponeva hanno fatto storia sia per gli automobilisti normali che li sceglievano, che nelle gare a cui ha continuato a partecipare fino al 2007 grazie alla passione di privati come Zagato e Autodelta. Oggi le Alfa Romeo non gareggiano più ma il mito ormai è creato ed indelebile.

Essendo nato negli anni 60, ho più o meno la stessa età del modello che forse ha creato il mito per quel che riguarda il mercato di serie: la Giulia.alfa-romeo-1750 La Giulia è l’erede della prima berlina di serie Alfa Romeo ad avere le caratteristiche da mercato consumer e le prestazioni comunque impostate alla sportività. La prima Giulietta era nata a metà anni 50 e fu accolta con entusiasmo dal pubblico. Il nome era nato da una battuta ad una riunione di soli uomini dell’Alfa Romeo: “tanti Romeo e neanche una Giulietta”, qualcuno disse. E così nacque il primo modello di ampio successo. Le linee sinuose e le prestazioni degne della fama del mito le garantirono alla Giulietta un successo decennale. Sostituì l’Alfa 1900 come volante della Polizia proprio grazie alle sue prestazioni: velocità massima, scatto e tenuta di strada erano ai vertici della gamma, in un settore del mercato che oggi si chiamerebbe “D”. Per sostituirla a fine carriera ci voleva una grande auto. La Giulia lo era. Una delle pubblicità recitava “l’auto costruita dal vento”, in riferimento all’elevato coefficiente di penetrazione aerodinamica; oppure “Giulia, l’auto che vince”, in relazione ai successi nelle corse che otteneva sia nella versione berlina che in quella coupé della splendida GTV (Gran Turismo Veloce). La Giulia aveva una linea aggressiva, con i fari rotondi (quattro in alcune versioni) e la V con in cima il fregio circolare Alfa Romeo al centro della griglia di raffreddamento del frontale che rimarrà un simbolo della aggressività del look Alfa: Oo=V=oO.

La Giulia fu la prima auto dei miei sogni. Avendo un padre in Polizia, lo immaginavo sfrecciare nelle Giulia. Il mito per il papà di un bambino di pochi anni si trasferiva facilmente alle auto della Polizia, scelte proprio per le prestazioni fuori dal comune. Per anni sognai che mio padre potesse permettersi una Giulia. Non accadde mai. Per una serie di coincidenze mio padre non ha mai avuto un’auto italiana. Un suo collega aveva una Giulia con cui ogni tanto ci accompagnava la mattina in centro. Ricordo ancora l’emozione di essere a bordo di una Giulia. Non mi è più successo, ma ancora oggi, quando ne incontro una, non resisto al suo fascino e spesso le scatto una foto.alfa_romeo_giulietta_41185 Un’altra Giulietta fu chiamata negli anni 70 al difficilissimo compito di sostituire la Giulia. L’estetica era davvero diversa, cominciavano ad andare di moda linee squadrate e la nuova Giulietta fu pensata con un profilo a cuneo e la coda alta e corta. Le prestazioni erano in linea con la tradizione e sognai di poterla guidare per un lungo periodo, ma ancora non avevo l’età. Negli anni 80 lasciò il posto all’Alfa dei settantacinque anni della casa madre, perciò chiamata appunto “75”. Con questo modello, meno squadrato ma sempre a cuneo e coda alta, si chiude il periodo di una Alfa Romeo indipendente. Gravi problemi finanziari la costringono ad entrare nel gruppo Fiat, con estrema vergogna degli Alfisti duri e puri. L’Alfa 75 divenne per questi l’ultima vera Alfa. Altri, come me, riconoscono che, sebbene magari agli inizi fosse stato vero che la ex concorrente Fiat non avesse ben curato l’Alfa rispetto ai propri modelli, la casa torinese abbia però salvato l’Alfa Romeo dalla fine certa.

Sta di fatto che io stesso dopo un po’ smisi di essere appassionato di Alfa e negli anni 90 mi orientai su auto estere (Audi). La prima Alfa Romeo del periodo Fiat fu la 155, colpevole di avere una scocca derivata dallo stesso pianale della orribile Fiat Tempra e di adottare la trazione anteriore. Seppur vincente nelle corse, non riuscivo a farmi piacere la spigolosa Alfa 155. Preferivo l’ammiraglia 164 ma non mi appassionavo più di tanto. Guidavo l’Audi 80 di famiglia, bella, elegante, di classe e dalle più moderne linee tondeggianti.alfa-walter_da_silva Nel 1997 accadde ciò che gli Alfisti delusi sognavano da tempo ma non osavano sperare. Il mito stava per tornare. Il centro stile Alfa doveva mettere in pensione la vetusta 155. Finalmente la produzione decise di tentare il tutto per tutto. L’Alfa Romeo era di nuovo in grossi guai economici. I conti non quadravano. Il mito si era alquanto affievolito e si necessitava rinvigorirlo. Altrimenti…

A capo del progetto 932 c’era il designer Walter De Silva (a sinistra mentre lavora sul montante posteriore del nuovo modello) l’ultimo assunto dalla dirigenza Alfa Romeo prima di entrare in Fiat. L’idea generale era di ispirarsi alle grandi Alfa del passato quali la grande 1900, la prima Giulietta ed il mio mito di tutti i tempi: la Giulia. L’erede avrebbe dovuto avere le linee sinuose della 1900 e della Giulietta (in particolare nella splendida versione Sprint), la classe della Giulia e prestazioni degne del passato. Il risultato fu una berlina che sembrava una coupé. Muso basso aggressivo con fari non tondi ma a sviluppo orizzontale affusolati, la storica griglia anteriore a V incastonata nel paraurti, le maniglie anteriori affusolate e con pulsante per l’apertura, come una volta; le maniglie posteriori erano nascoste nel montante a dare l’impressione di una tre porte sportiva (particolare poi ripreso solo dalla nuova Giulietta).

Era nata l’Alfa 156, il ritorno del mito!alfa-156_01 I fan furono travolti dalla passione. Io stesso rimasi allibito dalla bellezza delle linee fluenti della 156, la plancia che riprendeva, con materiali e funzionalità moderni, quella della Giulia GT degli anni 60. Per chi era stato appassionato delle grandi Alfa di quel tempo, la vista della 156 era un tonfo al cuore, un tuffo nel passato glorioso, un ritorno ai bei tempi in cui il nome Alfa Romeo incuteva ammirazione e rispetto. Il successo fu enorme e tali furono le vendite. La 156 salvò l’Alfa Romeo, riportando i bilanci in positivo e l’affetto degli appassionati ai livelli del periodo pre-Fiat, nonostante la permanenza della trazione anteriore. Proprio all’anteriore la 156 portava una soluzione degna del nome Alfa, sempre ispirato al mondo delle corse: le sospensioni a quadrilatero alto, come quelle delle auto da corsa, assieme ai McPherson evoluti al posteriore, donavano alla 156 una tenuta di strada e precisione in curva degne di una Ferrari.

Un’altra cosa che non andava giù allo zoccolo duro degli Alfisti era un’Alfa col motore diesel. Ebbene, l’Alfa 156 riuscì a far cambiare idea a molti, anche se non tutti, i denigratori del gasolio: mentre l’eredità del bialbero a benzina continuava a rombare nei suoi eredi Twin Spark, il diesel ad iniezione diretta Common Rail, di ideazione Alfa/Fiat (Magneti Marelli) poi brevettato da Bosch, fece la sua prima comparsa su auto di serie proprio nell’Alfa Romeo 156 JTD.

In quegli anni tornai a sostenere che l’auto più bella in produzione fosse finalmente, di nuovo, un’italiana, una Alfa Romeo.

alfa-156-guidaPrima dell’uscita della 156 ero passato ad apprezzare le tedesche della stessa fascia di mercato, come la serie 3 della BMW e la bella Audi 80, sia la B3 che la B4, quest’ultima posseduta da me e dalla mia famiglia per ben 13 anni. L’Audi 80 era la mia auto preferita negli anni 90. Le linee spigolose del gruppo Fiat non facevano giustizia alla capacità di design dei progettisti di auto italiani. L’Alfa 155, la Fiat Tempra, ma anche le altre Alfa, la 145, 146, non è che brillassero in appeal estetico. E dire che in precedenza il look spigoloso era tipico delle tedesche! Quando la Fiat faceva uscire auto con i tratti duri, l’Audi arrotondava le sue 80…

Nella scelta della nuova auto di famiglia nel 93 finimmo per acquistare la più bella dell’epoca, la tondeggiante Audi 80 B4. Sebbene i ricordi della piacevolezza di guida della bella Audi 80 siano ancora vividi, nel 97, quando uscì la 156 ammisi con piacere che lo scettro di auto più bella era tornato in mani italiane. Una nota simpatica che riguarda la mia esperienza con Audi e Alfa Romeo è che la prima serie Alfa 156 che tanto mi piacque fin dall’inizio fu ideata da Walter De Silva, il designer autore della rinascita Alfa Romeo. De Silva passò poi a dirigere il centro stile del gruppo VW dove ha rifatto il look anche a Golf, Maggiolino e Polo, tra gli altri. Mentre la seconda serie Alfa 156 fu poi splendidamente rivista dall’italiano Giorgetto Giugiaro, che si occupò in seguito anche della 159, l’Audi A4 B7, che certo non mi affascinava più come i modelli precedenti, fu ironicamente disegnata proprio da De Silva.

Mi piace provare a confrontare in una tabella fotografica la concorrenza Audi e BMW, i rivali di sempre nelle corse. Mi diverto anche ad immaginare che se fossi rimasto cliente Audi oggi probabilmente guiderei un’Audi A4 B6 invece che una splendida 156 SW 2a serie…

Insomma, dalla comparazione qui sotto sembra chiaro che l’Alfa Romeo sia tornata a surclassare le rivali in quanto a design. L’offerta Audi e BMW è certo più ampia (hanno i fondi), con ad esempio le Audi coupé A5 e A7 molto sportiveggianti disegnate proprio da De Silva; il livello tecnologico è molto alto, ma non così più alto come l’esterofilia degli automobilisti italiani farebbe pensare. Se si confrontano i modelli omologhi, “l’Alfa Romeo tedesca” (nelle parole del gruppo Volkswagen al momento dell’acquisizione di Audi) ha ancora della strada da fare. La BMW mantiene un bell’aspetto aggressivo e sportiveggiante, forse più interessante delle ormai scontate Audi, ma in fatto di prestazioni, Alfa Romeo, anche se nel gruppo Fiat, non ha mai temuto nessuno, neanche le tedesche. E l’Alfa 159 lo aveva dimostrato:

Nel 2014 il nuovo gruppo Fiat Chyisler Automobiles ha annunciato che l’Alfa Romeo vedrà 8 nuovi modelli in 3 anni, tutti creati e assemblati in Italia. Il marchio sarà scorporato da quello Fiat, così come è per Ferrari e Maserati. I progettisti e le tecnologie di questi marchi diventeranno parte integrante delle nuove Alfa: il progetto è quello di far tornare il marchio ai livelli gloriosi del passato, ci saranno motori fatti apposta per le nuove Alfa Romeo, costruiti in Italia come una volta, come un marchio così glorioso merita. La nuova piattaforma che ha portato alla nuova Giulia (e chissà, un giorno anche una nuova Alfetta) è basata su trazione posteriore, come Ferrari e Maserati. I tre marchi viaggeranno assieme, accomunati dalle stesse tecnologie ed idee, tutte made in Italy, per assicurare anche all’estero la qualità. Un ritorno alla grande, insomma. Chissà se poi si penserà pure a tornare alle corse, magari con le Alfa Romeo di una nuova Scuderia Ferrari?

Non so se io sia nato Alfista o lo sia diventato, non importa. A guardare la tabella fotografica che segue, non credo che Alfa Romeo abbia molto da invidiare alla concorrenza, se non la profusione di modelli e motori potenti (cosa che cambierà nei prossimi anni). A parità di categoria la lotta è sempre stata dura e Alfa Romeo non ha mai sfigurato, anzi. Non ho dubbi a preferirle esteticamente alle rivali, a partire dalla 156. Esteticamente la nuova Giulia si fa beffe delle rivali Audi e BMW. Le prestazioni non sono da meno. Sono al top, nonostante quel che la gente creda. Si dovrebbe provare. Si rimarrebbe molto sorpresi…

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Audi 80 B4 Alfa 155 BMW 318 E36

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Audi A4 B5 Alfa 156 BMW 318 E46
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Audi A4 B6 Alfa 156 2a serie BMW 320 E91
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Audi A4 B7 Alfa 159 BMW 320 F31
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Audi A4 B8 Alfa Romeo Giulia BMW 320 F30
800px-Audi_A4_(front_quarter) img1587070235-1477594452977 1024px-BMW_320d_Sport_Line_(F30)_–_Frontansicht,_26._Februar_2012,_Wülfrath
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